Referendum, la partita dei comitati: il frontman del No sarà il costituzionalista Grosso. Il Sì punta su Caiazza e Di Pietro

Il comitato per il No esiste già da settimane e oggi presenterà il suo frontman, l’avvocato e costituzionalista torinese Enrico Grosso. Quello per il Sì, invece, si è costituito il 30 ottobre, giorno del via libera definitivo alla riforma in Parlamento: il capo è Gian Domenico Caiazza, avvocato ed ex presidente dell’Unione delle Camere penali. I due schieramenti si scaldano in vista del referendum costituzionale sulla separazione delle carriere e dei Csm, in programma tra marzo e aprile: il fronte pro-riforma, capitanato dagli avvocati, raccoglie esponenti della galassia liberale e “garantista“, mentre i contrari, riuniti sotto il vessillo dell’Associazione nazionale magistrati, puntano a pescare soprattutto nel mondo dell’associazionismo, della cultura e dello spettacolo. L’Anm ha presentato il suo “Comitato a difesa della Costituzione” già il 14 settembre scorso, ancor prima della terza lettura del testo alla Camera: il presidente esecutivo è il giudice pugliese Antonio Diella, membro del “parlamentino” dell’associazione, ma il volto simbolo sarà il presidente onorario, Enrico Grosso, 59 anni, ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Torino (è figlio del celebre giurista Carlo Federico Grosso) che farà il suo esordio venerdì in una conferenza stampa.

Il nome di Grosso, giurista di area centrosinistra, ha incontrato qualche resistenza da parte di Magistratura indipendente, la corrente “di destra” dell’Anm, che però ha dovuto cedere per mancanza di alternative migliori: la prima scelta, l’avvocato Franco Coppi, principe dei penalisti italiani, ha infatti cortesemente declinato. Per la comunicazione il sindacato delle toghe si è affidato ai creativi baresi di Proforma, storici spin doctor di Nichi Vendola: lo slogan individuato è “Giusto dire No“, logo verde su sfondo bianco, svelato per la prima volta sabato scorso all’assemblea generale in Cassazione. Sempre su insistenza delle toghe conservatrici, nello statuto del Comitato è stato inserito il divieto di iscrizione a “persone che abbiano o abbiano avuto incarichi in partiti politici o in associazioni con esplicite finalità elettorali”: una clausola pensata per rinforzare l’indipendenza dalle opposizioni, con l’effetto però di escludere anche nomi di peso come Gianrico Carofiglio, scrittore, ex magistrato e già eurodeputato del Pd. Peraltro, il veto non è servito a evitare accuse di collateralismo: il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha già definito il Comitato “ai margini della costituzionalità“, il suo vice Francesco Paolo Sisto “estremamente inopportuno”.

Sull’altro fronte, giovedì è nato ufficialmente il Comitato “Sì Separa”, istituito dalla Fondazione Luigi Einaudi, think tank di ispirazione liberale vicino ad Azione di Carlo Calenda: presidente è stato nominato l’avvocato Gian Domenico Caiazza, già presidente dell’Unione delle Camere penali, candidato con Matteo Renzi alle Europee 2024 e volto di riferimento del mondo “garantista”. Altra punta di diamante sarà Antonio Di Pietro, ex pm di Mani Pulite, in lizza come possibile testimonial della destra (anche se lui, in un’intervista al Fatto, ha chiarito di non voler farsi “mettere il cappello in testa” dai partiti). Tra i membri del comitato anche i giornalisti Alessandro Barbano, Pierluigi Battista, Andrea Cangini, Flavia Fratello e Claudio Velardi, lo youtuber Ivan Grieco, il presidente di +Europa Matteo Hallissey, l’ex giudice costituzionale Nicolò Zanon e la politologa Sofia Ventura.

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